Cari amici,
sono tornata dall’India da qualche giorno. Appena ho messo piede in Italia ho sospirato: “finalmente a casa…..”. Dopo un mese di caldo afoso insopportabile ( una temperatura costante di 40 gradi ) e il monsone traditore che ringhiando ti assale all’improvviso, dopo tante notti insonni passate a combattere con zanzare, scarafaggi e topi, dopo 30 giorni di pranzi e cene sempre uguali, a base di riso e certe spezie piccanti che tolgono il respiro……. che bello tornare alla vita normale!
Ma la gioia del ritorno è durata poco; il ricordo dei piccoli inconvenienti è subito svanito per lasciare il posto a una grande nostalgia: i nostri bambini! I loro bellissimi occhi e i luminosi sorrisi che mi ripagano delle fatiche e delle angosce e mi regalano affetto e tenerezza, i bambini che ormai fanno parte di me e che ora, sull’altra faccia della terra, mi mancano da morire.
Mentre vi scrivo sto pensando a Srikant, un ragazzino che ha perso la mamma cinque anni fa e il padre è sempre in giro a cercare lavoro. Appena sono arrivata a Challapalli ho comprato disinfettanti e bende per curare le ferite dei bambini: a molti di essi nascono dei bubboni sulla pelle che a un certo punto scoppiano e diventano delle piccole piaghe. Li ho messi tutti in fila e, uno ad uno, li ho curati. Ho notato che Srikant, che non aveva piaghe, si è allontanato dal gruppo e, con un sasso appuntito, si è procurato una ferita sul braccio, per farsi curare anche lui e, soddisfatto, si è messo in fila dietro agli altri. Pensate a che punto può arrivare un bambino, pur di poter conquistare un po’ di attenzione e di affetto!
Il dolore che ho provato in quel momento si è impadronito di me come un amo da pesca che si è attaccato al cuore e ancora non riesce a sganciarsi. Ma mi consola il fatto che anche Srikant, come altri 40 bambini dell’orfanotrofio, ha trovato due bravi genitori italiani che lo hanno adottato e che provvederanno al suo futuro. E mi rende felice pensare a tutto quello che ho potuto realizzare durante il mese trascorso a Challapalli: grazie all’appoggio e alla fiducia che mi avete concesso ho potuto portare in India il segno tangibile di una solidarietà che non ha confini, la testimonianza concreta ai nostri bambini che non sono più soli.
Ho potuto comprare vestitini nuovi, magliette, scarpe, biancheria intima, saponi e dentifrici, shampoo speciale contro i pidocchi, zaini, penne e astucci. Ho comprato anche ombrelli per tutti: per andare dall’orfanotrofio a scuola i bambini hanno circa un chilometro da fare a piedi e, quando piove, arrivano bagnati fradici.
Ho passato in rassegna tutti i bambini e, benché non sia un medico, ho cercato di curare quei bubboni di cui vi ho parlato: sono essenzialmente dovuti alla scarsa igiene e all’alimentazione incompleta. Ho saputo che, mancando personale adatto, i bambini stessi si lavano i vestiti: potete immaginare come i bambini più piccoli (di 5 o 6 anni) possano fare il bucato, e senza sapone per giunta! Così ho deciso di assumere una ragazza di 20 anni, che vive vicino all’orfanotrofio ed è poverissima: d’ora in poi si occuperà del bucato e dell’igiene dei bagni e del dormitorio. Naturalmente le ho comprato tutto quello che occorre per le pulizie.
Per quanto riguarda l’alimentazione, i bambini non hanno più problemi a bere il latte, ma sono aumentati ( ora sono circa 70) e una bufala non bastava più: così, grazie all’aiuto di alcuni amici ho potuto acquistarne un’altra. Era incinta, ma non ha partorito prima della mia partenza per l’Italia: il prete della missione mi farà avere notizie del lieto evento, quando avverrà.
La risaia che abbiamo comprato e che, grazie all’aiuto di tanti amici abbiamo finito di pagare, ha dato i suoi frutti, infatti i bambini ora stanno mangiando il riso del primo raccolto.
Ma oltre al riso e al latte occorre mangiare ogni tanto anche un po’ di carne, così ho comprato quattro capre che si riprodurranno e potranno arricchire l’alimentazione dei nostri bambini.
Un altro importante progetto che stiamo seguendo è la costruzione di un nuovo Orfanotrofio.
Ogni 3/4 anni, infatti, i preti in India vengono trasferiti da una parrocchia ad un'altra. Probabilmente anche padre Joseph Dovari, il religioso che attualmente si sta occupando dei bambini di Challapalli, verrà trasferito in un’altra sede. Si prospetta quindi il rischio che il successore non abbia interesse a mantenere l’Orfanotrofio. In questa eventualità i bambini verrebbero rimandati alle loro famiglie nei casi più fortunati, mentre il destino di coloro che sono orfani sarebbe di finire abbandonati con la prospettiva di essere sfruttati sul lavoro o sessualmente. Da due anni il padre Robert Lorenc, un prete francese di Parigi, che è a conoscenza del problema, sta raccogliendo i fondi per costruire un nuovo Orfanotrofio a Kesarapalli, un villaggio a 75 km da quello dove si trova l’attuale Orfanotrofio. Ora i fondi ci sono e durante la mia permanenza sono iniziati i lavori di costruzione del nuovo edificio. Lo abbiamo chiamato La casa dei bambini sorridenti, e i nostri bambini vi saranno trasferiti non appena pronto. Con i soldi che mi erano rimasti, prima di partire ho fatto costruire un pozzo nel cortile, che assicurerà acqua per tutti.
L’Orfanotrofio sarà poi seguito da padre Joseph e da noi tutti.
Perché sia abitabile occorre, però, anche arredare l’edificio, con letti, banchi, sedie, armadi, utensili da cucina, ecc. : mi propongo quindi come primo obiettivo quello di raccogliere fondi per l’arredamento del nuovo Orfanotrofio. Probabilmente nel gennaio prossimo l’edificio sarà completato, e spero di poter tornare in India per qualche giorno in occasione dell’inaugurazione di quella che, ormai, diventerà la mia seconda casa. Nel progetto abbiamo previsto anche la costruzione di una stanza per gli ospiti, per qualcuno di voi che in futuro volesse provare l’esperienza di andare in India a trovare i bambini e vivere qualche tempo con loro, per dar loro tutto il calore e l’amore che è stato loro negato dai genitori e per farli felici.
Vi abbraccio tutti
Loredana