Cari amici,
vi sto scrivendo dall'India, dove mi trovo già da due mesi: fra qualche giorno ripartirò per l'Italia. Due mesi mi sembravano tanti ma, come al solito, i giorni sono volati, assorbiti da cose da sistemare, acquisti da fare, problemi da risolvere. Sempre pieni di emozioni. Abbiamo avuto momenti intensi di gioia, come quando siamo riusciti a far operare Joshu Kumari, la bambina nata con una malformazione alla gamba e che ora, dopo l'operazione, cammina decisamente meglio. Abbiamo fatto operare anche Ashok Kurala: era affetto da palatoschisi e da labbro leporino, che avevano compromesso lo sviluppo del linguaggio. Infatti non era in grado di parlare, ma solo di emettere dei suoni incomprensibili. Ora va meglio: è seguito da un logopedista che lo sta aiutando a pronunciare le parole, e col tempo migliorerà sempre di più. Ho avuto un'altra grande soddisfazione quando Ashok Balusupati è tornato da noi: vi ricordate di Ashok? Orfano di entrambi i genitori morti di AIDS era entrato a far parte della nostra famiglia, ma poco dopo alcuni parenti l'avevano richiesto, probabilmente per mandarlo a lavorare e avere un'entrata in più. Per due anni Ashok ha continuato insistentemente a chiedere ai parenti di essere rimandato da noi cosicché alla fine loro, esausti, ce l'hanno rispedito: magro come uno scheletro e con due occhiaie profonde, ma felice di essere tornato alla Smiling Children's Home. Il suo sguardo è dolcissimo, ma a volte assente come a segnalare siderali distanze. Chissà quali esperienze deve aver vissuto! Lui non me ne parla, si tiene tutto dentro, ma spero che il tempo e il nostro affetto lo aiuteranno a dimenticare. Ora è qui, ed è quello che conta.
Ci sono stati anche momenti di disorientamento: quando arrivo a Kesarapalli, solitamente la notizia si sparge per tutta la zona ( e anche più lontano!) e spesso mi trovo davanti al cancello una fila lunghissima di bambini accompagnati da parenti o vicini di casa che mi chiedono di essere accolti nella Smiling Children's Home. Anche se con il pianto nel cuore, sono costretta a congedarli perché non posso permettermi di tenere dei bambini senza genitori adottivi che paghino il loro mantenimento. Ma è successo che qualcuno è rimasto ad aspettare tutto il giorno dietro al cancello e, durante la notte, è sparito lasciando lì i bambini. Al mattino me li trovavo ancora là, stanchi, impauriti e affamati. Cosa potevo fare? Malgrado tutto li facevo entrare, sperando che prima o poi qualcuno venisse a riprenderseli: non è venuto più nessuno a reclamarli. Conclusione: ora mi ritrovo con 20 bambini in più. Fra questi, una in particolare mi ha impressionato: si ratta di Pravalika. I suoi genitori erano malati e, verso la fine dell'anno scorso, sono andati all'ospedale a fare dei controlli. I medici hanno diagnosticato l'AIDS per entrambi. Il 1° gennaio di quest'anno hanno preso del veleno e si sono suicidati. Pravalika ora vive con la nonna paterna, che però non è in grado di mantenerla. So che già state facendo tanto per il nostro progetto, e sono consapevole di chiedervi un grosso sforzo, ma sono disperata e non so a chi rivolgermi se non a voi: se fra amici o parenti riuscite a trovarne qualcuno disposto ad adottare uno di questi bambini, vi prego di contattarmi.
Abbiamo avuto anche momenti terribili di paura. Verso gli inizi di novembre un ciclone si è abbattuto in questa zona. Vento fortissimo e pioggia ininterrotta per tre giorni, con il risultato che siamo rimasti isolati per una settimana a causa dell'inagibilità delle strade. Tuttavia non ce la siamo passati tanto male, perché per fortuna avevamo appena fatto scorta di alimentari, e il nostro prezioso generatore ci ha fornito luce e acqua nei momenti cruciali. Ma il villaggio è stato praticamente annientato: gli abitanti si sono trovati le capanne distrutte, l'acqua fino alle ginocchia, senza lavoro, senza cibo né acqua potabile. SENZA NIENTE. Non gli è rimasto altro da fare che venire a chiederci aiuto. Mai come in quei momenti mi sono sentita così a stretto contatto con la sofferenza: trascinandosi nel fango per chilometri arrivavano da noi distrutti, piangendo e chiedendo qualcosa da mangiare. Abbiamo distribuito a tutti un po’ di riso e bottiglie di acqua potabile: poca cosa, ma è bastato per farli sopravvivere fino a quando la situazione si è normalizzata. La cosa non è passata inosservata, infatti è venuto il sindaco di Kesarapalli a ringraziarci personalmente e, qualche giorno dopo, è venuta perfino una televisione nazionale a intervistarmi. Non ho potuto vedere l'intervista alla televisione perché alla Smiling Children's Home non abbiamo la connessione, ma mi fa tenerezza e mi inorgoglisce pensare che una sera, in tutte le case dell'Andhra Predesh, la gente ha sentito parlare dell'Italia, della nostra Associazione e di tutti voi.
Ma il motivo di orgoglio più grande mi viene sempre da loro, dai nostri bambini. Io li chiamo sempre "bambini", ma ormai molti di loro sono cresciuti, sono ragazzi e ragazze. Proprio ieri la scuola media di Kesarapalli ci ha comunicato la graduatoria dei 15 alunni migliori, a cui il governo indiano assegnerà come premio 500 rupie (circa 10 euro) ciascuno: di questi, i primi 9 studenti sono "nostri"!
E' sera: esco dalla mia stanza per dare un ultimo sguardo ai bambini prima di andare a dormire. Dalla camerata in fondo al corridoio non si sentono che i loro respiri tranquilli. Sono sdraiati per terra su materassini di gommapiuma, i corpi avvinghiati l'uno all'altro come gattini che dormono pacifici nella loro cuccia umida e calda. Sto bene e sono felice, in fondo all'anima è sceso il profondo silenzio della pace.
Cari, meravigliosi amici! Grazie per quello che state facendo per questi bambini: sappiate che grande è la loro riconoscenza (e anche quella dei loro genitori, per chi li ha) per quello che state facendo per loro. Senza il vostro supporto sarebbero costretti a interrompere gli studi e andare a lavorare, rendendosi disponibili a qualunque lavoro occasionale, anche il più degradante e faticoso. E invece sono qui, con la certezza di poter mangiare tutti i giorni, di poter continuare a studiare, ma soprattutto con la speranza di avere un futuro migliore.
Ma grazie anche per avermi dato l'opportunità di provare bellissime emozioni e di imparare, dopo tanto vagare e tanto affanno, cosa in realtà conta. Loro sono la magia dell'esistenza. Sono i miei successi, le mie speranze, il mio coraggio, le mie canzoni. Canzoni della vita che domani nascerà di nuovo, canzoni della vita che non conosce fine.
Vi abbraccio tutti e auguro a voi e alle vostre famiglie un sereno Natale.
Loredana