10 marzo 2015

coccinellaCari amici,

eccomi ancora a voi dopo un lungo silenzio, dovuto a un anno difficile per me, il 2014, in cui ho avuto problemi personali e famigliari. Per fortuna, adesso sta andando tutto a posto.
Vi sto scrivendo dalla mia camera alla Smiling Children’s Home: sono infatti ancora in India dove sono rimasta 2 mesi vivendo con i nostri bambini. Fra qualche giorno ripartirò per l’Italia, lasciando qua una parte del mio cuore e portando con me tutte le emozioni, le gioie e i dispiaceri che ho condiviso con i nostri bambini. Come farò a dimenticare Samuel? Un ragazzino di 16 anni, che al mio arrivo non era qui, né lui né il fratellino minore Elisha. Sono orfani del padre e la mamma fa un po’ di pulizie in giro per le case. Ho indagato e ho scoperto che Samuel è balbuziente, i compagni di classe le prendevano in giro e quando lui non è stato più capace di sopportare le continue umiliazioni, è tornato a casa. Elisha, che ha sempre vissuto con lui, lo ha accompagnato. Sono andata a trovare la mamma, che è una brava persona e che conosco da anni. Era disperata, perché con i pochi soldi che guadagna non riesce a mantenere i figli né a mandarli a scuola. E poi, quando è al lavoro, cioè dalla mattina alla sera, i figli sono in mezzo alla strada, vulnerabili, esposti a ogni genere di pericoli, condannati a svolgere sempre e solo lavori poco qualificati, a vivere nella povertà. Lei ne era perfettamente consapevole e sperava che i figli cambiassero idea e tornassero da noi. Devo dire che, rispetto a qualche tempo fa, la relazione fra scuola e famiglia è cambiata in meglio, almeno nella mia esperienza diretta. Fino a qualche anno fa parecchie famiglie venivano a ritirare i figli una volta diventati grandicelli (12 o 13 anni), per mandarli a lavorare: a causa del salario troppo basso del padre, per la morte o la malattia di un genitore, un indebitamento, o semplicemente la necessità impellente di aiutare la famiglia a nutrire i nuovi nati. Per la singola famiglia, la circostanza di un bambino che lavora si traduce in un piccolo guadagno immediato, ed era quindi una fatica per noi convincerli a rinunciare a questo guadagno per un vantaggio futuro. Ma, se fino agli anni ’90 molti genitori indigenti non mandavano i figli a scuola perché non ne vedevano l’utilità, con le riforme di apertura economica e lo scoppio del boom dell’information technology, la connessione tra scuola e lavoro è diventata evidente. A tutti. E l’istruzione sembra ora essere la chiave per vantaggi futuri, per l’emancipazione economica e sociale della famiglia. 

Discutendo a più riprese con Samuel, l’abbiamo finalmente convinto a tornare, con la prospettiva di aiutarlo economicamente, una volta terminato il biennio delle superiori, ad ottenere la patente di guida e diventare autista, che è il suo desiderio: ora i fratellini sono alla Smiling Children’h Home, sono sereni e hanno ripreso a studiare.

Questa è soltanto una delle tante situazioni problematiche che abbiamo affrontato: per raccontarle tutte dovrei scrivere un altro libro!  Per fortuna comunque sono andate tutte a buon fine.

Appena arrivata ho fatto fare a tutti, compreso il personale di servizio, un controllo dell’HIV. In questa zona dell’India l’Aids si sta espandendo e ormai colpisce senza pietà anche il mondo infantile. Nel nostro orfanotrofio non è stato rilevato alcun caso di sieropositività, ma purtroppo abbiamo 3 bambini esterni affetti da HIV, che stiamo cercando di aiutare nei limiti del possibile.

Il responsabile del team che ha esaminato i bambini, dottor Kiran, e con cui ho scambiato due chiacchiere alla fine delle analisi, si è complimentato per l’attività della nostra Associazione dicendo, in sintesi: “E’ bellissimo che un gruppo di italiani come voi si prendano cura di questi bambini così lontani dalla vostra nazione. In India e anche all’estero ci sono ricchissimi indiani che tuttavia si disinteressano totalmente della sorte dei loro connazionali poveri. Voi invece, oltre a preoccuparvi della loro salute, date loro un’educazione che faciliterà il raggiungimento di un titolo di studio e un più facile inserimento nel mondo del lavoro. Qui, nel loro paese, senza sradicarli dalla loro terra e cultura.” L’osservazione mi ha inorgoglito, anche se non è una novità che mi vengano rivolti apprezzamenti del genere. La settimana scorsa, ad esempio, il capo della polizia del nostro distretto appena insediato, durante un giro di ispezione nei paraggi, si è fermato da noi congratulandosi per la nostra volontà di cooperazione e il nostro senso di solidarietà sociale. Ve lo dico perché, siccome siete VOI gli artefici di questa cooperazione, penso vi faccia piacere sapere che, oltre alle famiglie dei nostri bambini, anche le autorità locali apprezzano il nostro lavoro.

E adesso alcune comunicazioni:
- in questi due mesi ho acquisito le informazioni relative alla situazione scolastica dei nostri studenti, che metteremo sul sito dell’Associazione e terremo aggiornate in modo che possiate sempre essere informati. Vi farò sapere quando il tutto sarà pronto.
- Su richiesta di alcuni di voi, l’anno prossimo vorrei organizzare un viaggio in India con un gruppo di genitori adottivi che desiderasse fare questa esperienza. Come periodo avrei pensato a 2/3 settimane nel mese di febbraio (il clima è ottimo e in India è bassa stagione); potremmo visitare luoghi di interesse storico, trascorrere qualche giorno con i bambini alla Smiling Children’s Home e, perché no, concederci una piccola vacanza sull’oceano. Chi di voi fosse interessato mi contatti per telefono o per email entro un paio di mesi: se riusciamo a raggiungere un numero minimo di circa 10 partecipanti, mi attiverò per farvi sapere la spesa del viaggio e il programma dettagliato. 

E infine, l’ultima e più importante comunicazione.
Una decisione governativa minaccia di espropriare il terreno dove sorge il nostro orfanotrofio, compresa la stalla con le 20 bufale che producono il latte per i nostri bambini, il pollaio per le galline e le uova e il piccolo stagno in cui alleviamo il pesce. Quando abbiamo acquistato questo terreno il vicino aeroporto era chiuso da 15 anni. Attorno a noi nient’altro che il piccolo villaggio rurale di Apparaopeta e risaie a perdita d’occhio. Pochi anni fa l’aeroporto è rientrato in servizio con pochi voli giornalieri a corto raggio. Le voci relative alla possibile confisca del nostro terreno per un eventuale ampliamento dell’aeroporto si sono accavallate in questi anni, ma fino all’anno scorso non c’era stato alcun atto concreto. Ciononostante non siamo stati con le mani in mano: abbiamo chiesto aiuto ai personaggi politici della zona, abbiamo perfino mandato a Sonia Gandhi la nostra richiesta corredata da tutta la documentazione necessaria e finalmente l’allora governatore dell’Andhra Pradesh, Mr. Rajashekar Ireddy (cristiano!), ci aveva firmato una dichiarazione in cui affermava che, in ogni caso, il nostro orfanotrofio non sarebbe stato toccato. Purtroppo qualche mese dopo il governatore è morto in un incidente aereo: l’elicottero su cui volava è saltato in aria, molto probabilmente a causa di un sabotaggio da parte degli hindu (qui i cristiani non sono ben visti). Ora Vijayawada, la città in cui operiamo, è stata proclamata nuova capitale dello stato dell’Andhra Pradesh, in seguito alla scissione dello stato dell’Andhra Pradesh le cui province a nord sono oggi lo stato separato del Talangana, con capitale Hyderabad.
Come capitale di una nuova nazione, Vijayawada ha necessità di creare nuove strutture, prima fra le quali un grande aeroporto, che verrà costruito estendendo l'attuale. 

Non sappiamo ancora di preciso quanto ci concederà il governo indiano, ammesso che ci conceda qualcosa in cambio per l'espropriazione. Ma sicuramente molto meno di quello che ci occorre per acquistare un nuovo terreno e costruire una nuova casa, considerato anche che in questi ultimi tempi i prezzi dei terreni e del materiale da costruzione sono letteralmente triplicati. La notifica che dovremo presto abbandonare la nostra casa (non ci è stato ancora comunicato quando), ci ha buttato ovviamente nello sconforto e abbiamo passato davvero momenti drammatici.
Conosciamo personalmente i nostri bambini e le loro storie; noi tutti, membri dell’associazione e voi genitori adottivi, mettiamo il nostro tempo e le nostre risorse a disposizione dei bambini per semplice amore verso di loro. Nell’arco degli anni abbiamo aiutato molti di loro, buona parte di essi ha completato gli studi, alcuni con risultati di eccellenza, trovato un buon lavoro, una casa e formato una famiglia, ora hanno una vita dignitosa e soddisfacente che non avrebbero potuto nemmeno sognare senza il nostro aiuto. Dobbiamo ricominciare da capo: non ce la sentiamo di abbandonare il progetto e rimandare a casa (per chi ce l'ha) o ributtare sulla strada (da dove li abbiamo raccolti) i nostri bambini. Il nostro primario e urgente obiettivo era perciò di acquistare un acro di terreno (circa 4000 mq) su cui costruire la nuova casa. E proprio in questi giorni la Provvidenza ci è venuta in aiuto: la nonna di padre Joseph gli ha lasciato in eredità una piccola risaia, di circa 1 acro e mezzo, che possiamo utilizzare. La notizia ci ha galvanizzato, ci ha ridato la speranza e la voglia di continuare. Ora ci metteremo al lavoro per raccogliere i fondi che ci serviranno per costruire la nuova casa.

Vi saluto caramente e vi ringrazio sempre per la vostra continua e preziosa collaborazione

Loredana